Il documento analizza le sfide correlate all’implementazione di modelli innovativi in salute mentale, proponendo una guida per costruire sistemi di cura sostenibili, basati sui diritti umani e centrati sulla comunità. Evidenzia le difficoltà attuative della transizione da una psichiatria istituzionale a modelli di salute mentale comunitaria, specialmente nei paesi a basso e medio reddito, dove continua ad essere prevalente la presenza degli ospedali psichiatrici.
Si sottolinea inoltre che i percorsi di deistituzionalizzazione richiedono la trasformazione dei servizi di salute mentale in modelli olistici, centrati sulla comunità, e che la transizione implica il supporto di leggi, la riallocazione di risorse e lo sviluppo di servizi integrati che affrontino tematiche quali l’abitare, il lavoro e l’inclusione sociale. Essenziale è inoltre la partecipazione attiva delle persone con esperienza vissuta e la promozione dei diritti delle persone con problemi di salute mentale.
In questo contesto, modelli innovativi come quello realizzato a Trieste e quello realizzato in Belgio che prevede reti integrate, evidenziano che cure accessibili e centrate sulla comunità possono migliorare gli esiti e ridurre i costi.
La pandemia da COVID-19 ha ulteriormente amplificato le disuguaglianze, producendo un maggior impatto dei determinanti sociali sulle popolazioni più vulnerabili, per cui è imprescindibile un approccio alla salute mentale che promuova collaborazioni intersettoriali e integri gli interventi sociali finalizzati ad affrontare i diversi bisogni delle persone.
Ridurre lo stigma e promuovere l’inclusione sono sfide cruciali, che richiedono cambiamenti culturali, attività di advocacy e coinvolgimento diretto della comunità, consapevoli che investire in salute mentale di comunità, rafforza il benessere individuale, la coesione sociale e l’equità.

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