In una recente pubblicazione di Fabrizio Starace su Quotidiano Sanità si sottolinea come sia fondamentale ricostituire il capitale umano dei Servizi pubblici di salute mentale per garantirne la stessa sussistenza.
In questo contesto, dobbiamo considerare che per quantificare il personale dei DSM, lo standard di riferimento ancora in vigore è quello riportato nel DPR 1° novembre 1999 di approvazione del Progetto Obiettivo “Tutela Salute Mentale 1998-2000” (Gazzetta Ufficiale n. 274 del 22.11.1999) ovvero di 1 operatore su 1500 abitanti (67 operatori per 100.000). Di fatto, calcolando che al primo gennaio 2021, la popolazione italiana residente adulta (età > 18 anni) era di 49.885.100, complessivamente nei DSM dovrebbero operare 33.423 professionisti, mentre l’attuale dotazione di personale è pari a 28.807 operatori, di cui 25.754 dipendenti a tempo pieno, 1789 dipendenti part-time e 1264 convenzionati (se si considera lo standard fissato ormai più di 20 anni fa, si rileva una carenza di circa 4.600 operatori).
Il depauperamento dei servizi in termini di risorse umane è avvenuto negli ultimi dieci anni e si è determinato per l’adozione di specifici provvedimenti.
In particolare, con una norma introdotta nel 2010, le Regioni sono tenute a rispettare un tetto di spesa per il personale del SSN, ancorando l’ammontare complessivo della spesa per il personale al consuntivo 2004 diminuito dell’1,4%; tale norma è stata estesa fino al 2020. In Salute Mentale, per far fronte a questa condizione, è stata notevolmente incrementata l’offerta residenziale e semi-residenziale acquistata dal privato imprenditoriale e dalla cooperazione sociale (dove le “spese per l’acquisizione di beni e servizi” in realtà sottendono l’acquisizione di manodopera), talvolta con scarsa attenzione alla qualità dei processi abilitativi e di inclusione e alle valutazioni di esito.
Un ulteriore provvedimento, il DM 70/2015, ha definito gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi, relativi all’assistenza ospedaliera (pena la chiusura di reparti) e questo si è tradotto in salute mentale, nella tendenza a concentrare il personale negli SPDC, indebolendo ulteriormente i Servizi territoriali.
Successivamente un emendamento del 2019 e la finanziaria del 2022 hanno rispettivamente innalzato il tetto di spesa (nel 2022 al 10% dell’incremento del Fondo Sanitario Regionale); tale provvedimento acuisce però le disuguaglianze a favore delle Regioni che presentano un maggior incremento del FSR rispetto all’anno precedente.
Nel primo anno della pandemia (2020) vi sono state deroghe al blocco delle assunzioni e allocazioni di risorse aggiuntive per assunzioni a tempo determinato, ma l’organico nei Servizi di salute mentale è rimasto sottodimensionato (sia per le carenze di specialisti legate all’“imbuto formativo”, sia forse per la scarsa attrattività dei contratti a tempo determinato). Inoltre lo squilibrio tra domanda e offerta ha determinato un aumento del turnover a discapito della continuità assistenziale, per la disponibilità di maggiori opportunità di collocazione.
In conclusione, a fronte di un incremento della domanda e dei bisogni di salute mentale, si è ridotta la capacità di dare risposta.
Tale condizione si traduce in carichi di lavoro insostenibili per equipe cronicamente sotto organico, con aumento del rischio di burnout.
In salute mentale lo strumento terapeutico è necessariamente costituito dall’operatore e, sostiene Fabrizio Starace, una ridotta attenzione alla “tecnologia umana” dei Servizi in termini di numerosità, formazione professionale, relazionale e formazione al lavoro d’equipe, compromette la necessaria complessità degli interventi e riduce la psichiatria a pura branca ambulatoriale, dove lo psicofarmaco e il ricovero ospedaliero o residenziale diventano gli strumenti principali. Tale condizione rischia poi di tradursi in una prassi consolidata difficilmente modificabile anche con l’introduzione di nuove risorse.
Per contrastare questo è essenziale rafforzare e valorizzare la “variabile umana” in Salute Mentale attraverso azioni specifiche, quali:
- ridefinire gli standard organizzativi, quantitativi e qualitativi per la salute mentale, prevedendo un corrispondente incremento del rapporto operatori / popolazione residente, tenendo conto anche dell’incremento della domanda registrato negli ultimi anni e ponendo attenzione a superare le differenti capacità attuative regionali;
- effettuare un’appropriata programmazione dei percorsi formativi;
- porre particolare attenzione alla formazione specialistica psichiatrica, in particolare relativamente all’acquisizione di competenze quali: elaborazione di progetti terapeutico-riabilitativi personalizzati volti a conseguire capacitazione e inclusione sociale; gestione di casi complessi; integrazione sociosanitaria; rapporti di collaborazione con il privato sociale e l’associazionismo; capacità di lavoro in equipe multiprofessionali. Formazione da realizzare in modo equamente condiviso tra Università e Servizi.
Risorse
– Il capitale umano nella salute mentale. Quotidiano Sanità, 31.08.2022
– Il finanziamento pubblico della Salute Mentale e la necessità di un intervento straordinario. Quotidiano Sanità, 09.05.2022
– Gazzetta Ufficiale n. 274 del 22.11.1999