La Lancet Psychiatry Commission su violenza nella coppia (intimate partner violence) e salute mentale ha preso in considerazione le evidenze scientifiche a supporto della possibilità di ridurre il rischio di violenza di coppia e danni ad essa connessi per stabilire linee di lavoro futuro su questo tema (Oram et al, 2022).

Con il termine violenza nella coppia si indica un comportamento aggressivo rivolto ad un(a) partner del presente o del passato a cui causa un danno fisico, psicologico o sessuale. Più specificamente include violenza fisica, abuso psicologico, comportamenti controllanti e coercitivi, con un utilizzo crescente e invasivo delle nuove tecnologie.

Pur con limiti derivanti dal fatto che le evidenze derivano prevalentemente da paesi ad alto reddito e raramente prendono in considerazione i fattori relativi a differenze di potere, età, sesso, identità e orientamento sessuali, stato di migrante o nativo e religione, la letteratura scientifica mostra che la violenza nella coppia è la forma di violenza più comune nel mondo e contribuisce in misura importante all’impatto complessivo dei problemi di salute mentale. La violenza nella coppia è sostanzialmente un problema di genere. Si stima che nel mondo almeno il 27% di donne dai 15 anni in su riferiscano di essere state vittime di violenza o abuso. Molte donne subiscono violenza fin da adolescenti e la violenza tende poi a continuare nel tempo. Alcuni studi mostrano che la violenza fisica subita diminuisce all’aumentare dell’età, ma permangono forme di violenza non fisica. Sono più spesso soggette a violenze persone transessuali e omosessuali, e persone soggette ad altre forme di marginalizzazione sociale.

L’attenzione alla salute mentale ha, nell’approccio della Lancet Commission, un valore “pragmatico” e si accompagna alla consapevolezza che la violenza nella coppia è primariamente un problema interdisciplinare, di sistema e istituzionale. La relazione con la presenza di disturbi mentali è infatti particolarmente controversa. Gli studi hanno messo in evidenza che chi ha subito violenza, o vi ha assistito, tende a commetterla. Le persone con una diagnosi di disturbo mentale sembrano avere un rischio più elevato di commettere atti violenti all’interno della coppia, ma la prevalenza è bassa e la relazione è in parte mediata dall’abuso di sostanze. Inoltre, la presenza di un disturbo mentale rende le persone anche più a rischio di subire violenza. L’insidia della focalizzazione su questa relazione risiede in almeno due aspetti:
1) il possibile “scivolamento” verso la stigmatizzazione nei confronti delle persone con disturbi mentali;
2) il possibile offuscamento dei determinanti di natura sociale che sono all’origine sia dei disturbi mentali che della violenza nella coppia.

È quindi importante che i servizi di salute mentale siano consapevoli non solo della sofferenza causata dalla violenza nella coppia sulla persona che la subisce, ma anche dei problemi che il soggetto violento ha e ha avuto, e delle caratteristiche sociali e di contesto in cui la violenza nella coppia si manifesta.

Il fatto che la violenza nella coppia sia endemica non significa che sia inevitabile e può – deve – essere affrontata con un approccio preventivo. Vi sono evidenze di efficacia di interventi sulle famiglie, sulle comunità e sulla società nel suo insieme. Alcuni interventi sono specifici per le diverse fasi del ciclo di vita, altri sono trasversali alle diverse fasi, più spesso dedicati all’abuso di sostanze e al miglioramento del livello di istruzione delle donne.

La Commissione ha poi riscontrato un problema relativo alla qualità dei dati su cui gli studi si basano: la raccolta di dati sulla violenza è frammentata, poco comparabile tra paesi e poco standardizzata. La Commissione raccomanda inoltre che la scelta dei dati da raccogliere venga definita dalle persone con esperienza diretta di violenza nella coppia, in modo da rafforzarne la significatività, la validità e la fattibilità.

La Lancet Commission si è chiesta quali trasformazioni siano necessarie nei servizi di salute mentale per renderli capaci di affrontare la violenza nella coppia. Anche in questo sono necessarie le persone con esperienza diretta, sia nei servizi che nascono spontaneamente nelle comunità che nei servizi istituzionali. I servizi di salute mentali istituzionali sono spesso vissuti dalle dirette interessate come poco utili e riattivanti i traumi. È quindi necessario che i servizi assumano un approccio alla cura orientato al trauma, in grado di accoglierlo, indagarlo, elaborarlo e, soprattutto, attenti a non riattivarlo o riprodurlo. Oltre alla formazione degli operatori, è necessario rendere più accessibili i servizi, integrare i servizi di salute mentale in quelli di cure primarie, rafforzare e sostenere le agenzie attive spontaneamente e di volontariato.

I servizi di salute mentale non possono non realizzare che la violenza nella coppia si esprime nell’interazione con altri problemi di marginalizzazione: questa stessa consapevolezza deve connotare gli interventi di prevenzione, che devono focalizzarsi sulle pari opportunità in ambito educativo e lavorativo, su strategie di riduzione della povertà, su leggi anti-violenza di genere, sulla limitazione all’uso di alcolici. In alcune società o settori della società agiscono norme scritte e non scritte che “condonano” o addirittura “normalizzano” i comportamenti violenti e vanno contrastate attivamente.
In questo contesto, vale la pena ricordare che un filone di intervento e di ricerca sulla violenza di genere ne mette in evidenza la relazione con gli stili di attaccamento, indicando come le caratteristiche di dipendenza nei legami affettivi possano essere mediati da modelli interni di interpretazione del mondo e delle esperienze connessi agli stili di attaccamento (Noonan e Pilkington, 2020). Questi, per quanto instauratisi nelle prime fasi della vita, possono essere corretti e modificarsi favorevolmente. Benché le revisioni di letteratura mettano in evidenza relazioni complesse che si esprimono diversamente in gruppi con caratteristiche diverse (Velotti et al, 2022), la focalizzazione sugli stili di attaccamento e le possibili evoluzioni nel corso della vita offrono una possibilità di intervento che non può essere trascurata.

Sia la Lancet Commission che la ricerca focalizzata sull’attaccamento ricordano agli operatori della salute mentale che l’intreccio di fattori implicati nella violenza nella coppia non esime dal considerare questo problema come attinente al loro lavoro e ricorda l’importanza di guardare alla sofferenza nel contesto dei problemi in cui questa si produce ed esprime le sue conseguenze.

Riferimenti bibliografici

  • Oram, S., Fisher, H. L., Minnis, et al. (2022). The Lancet Psychiatry Commission on intimate partner violence and mental health: advancing mental health services, research, and policy. The Lancet Psychiatry, 9(6), 487-524.
  • Noonan, C. B., & Pilkington, P. D. (2020). Intimate partner violence and child attachment: A systematic review and meta-analysis. Child Abuse & Neglect, 109, 104765.
  • Velotti, P., Rogier, G., Beomonte Zobel, S., Chirumbolo, A., & Zavattini, G. C. (2022). The relation of anxiety and avoidance dimensions of attachment to intimate partner violence: A meta-analysis about perpetrators. Trauma, Violence, & Abuse, 23(1), 196-212)