Ringrazio i colleghi Lora, Di Fiandra e Magliocchetti per gli elementi di chiarificazione in commento al mio articolo sulle criticità del SISM e ritengo che sia proprio la possibilità di interloquire fra operatori su questo straordinario e meritevole strumento epidemiologico, l’aspetto centrale della crescita e della evoluzione tecnico, scientifica e programmatoria che l’epidemiologia psichiatrica possa avere in futuro.
Brevemente chiarirò il mio pensiero, scusandomi se nell’articolo originario le limitazioni imposte da esigenze redazionali, hanno reso eccessivamente trancianti alcune mie idee.

Per quanto riguarda il numero di prestazioni che ricordo essere 26, includono prestazioni ridondanti (ad esempio, gli interventi psicoeducativi rivolti alla famiglia che sono differenziati in individuali e di gruppo; gli interventi sulle abilità di base che sono individuali e di gruppo; ancora gli interventi di rete che hanno una definizione di dubbia chiarezza, le psicoterapie che sono differenziate in familiare di coppia e individuale) e difficilmente utilizzabili in termini di valutazione dei costi o della efficienza operativa del servizio. Il tempo richiesto per una psicoterapia individuale non differisce molto dalla singola o da quella di coppia. Fra l’altro segnalo la totale assenza dei trattamenti cognitivo-comportamentali che sono gli unici ad avere serie evidenze di efficacia. Sul problema dei “colloqui”, segnalo che sono prestazioni ad appannaggio di diverse figure professionali, per cui resta una sorta di confusione sul “come” e “perché” sia stata eseguita la prestazione e soprattutto come questa possa avere in seguito una fruibilità o meglio una “palatabilità” in termini di misura di efficienza dei modelli sanitari e dei servizi! Sono d’accordo che i “colloqui” sono numericamente rappresentativi, ma vengono eseguiti da infermieri, psicologi, educatori, TRP, assistenti sociali e, quindi, come si può sintetizzare l’efficienza di un servizio su una variabile aspecifica? Valuterei l’efficienza di un servizio su prestazioni dichiaratamente terapeutico-riabilitative come le psicoterapie, i colloqui familiari o sugli “interventi” informativi, di ri-socializzazione e sulle abilità, tanto per fare un esempio. Per cui ben venga una manutenzione del cruscotto delle prestazioni come da voi rappresentato attraverso l’aggregazione in raggruppamenti dotati di una coerenza clinica.

Concordo con i colleghi sul fatto che i tempi di lunghi di ritorno sarebbero ascrivibili alla complessità del sistema SISM, agli invii regionali non tempestivi o ad inadeguatezze delle regioni, per cui forse pensare a qualcosa di più snello, magari ad una piattaforma web come avviene in Abruzzo, potrebbe essere auspicabile. Inoltre il sistema potrebbe contenere dei flags o dei controlli interni tali da minimizzare le anomalie e gli errori di alimentazione del dato, al fine di ottenere dei dati più completi e utilizzabili. Infatti a puro titolo esemplificativo, nel recente rapporto sulla Salute Mentale relativo al 2017, rilasciato ai media il 26.06 dal Ministero della Salute, gli stessi estensori, alle pagine 67 e successive lamentano una elevata percentuale di missing data come lo stato civile, la condizione abitativa, il titolo di studio ecc. Questa mi sembra una criticità del sistema e della sua architettura. E su questo il Ministero della Salute potrebbe attuare dei percorsi migliorativi.

Il terzo punto sul cosiddetto “benchmarking nazionale” palesa ed acclara una delle più gravi e incostituzionali criticità del nostro Sistema Sanitario nazionale, ovvero la non equità e delle cure e del gradiente peggiorativo in termini di salute, che va dal nord al sud Italia. Tale aspetto sollevato anche da Società Scientifiche autorevoli e di ottima reputazione come la Società italiana di Epidemiologia Psichiatrica è stato reso possibile dal Sistema Informativo Salute Mentale che in maniera capillare ha ottenuto dati dai numerosi servizi psichiatrici italiani. Stabilito questo, le istituzioni dovrebbero provvedere a ridurre le disuguaglianze, ma questo richiede attori diversi.

Per quanto riguarda il merging dei diversi sistemi informativi è bello sapere che il Ministero sta “promuovendo più di una iniziativa di implementazione e validazione dei documenti tecnico-scientifici approvati in sede di Conferenza Unificata”. Si resta in attesa di avere dati attendibili e fruibili dalla comunità scientifica, magari direttamente scaricabili dal Portale ministeriale, che finora purtroppo mancano.

Dissento invece in modo radicale sul fatto che modifiche al SISM non siano necessarie e che si debba aspettare una completa utilizzazione dell’esistente. Infatti i tempi biblici della burocrazia italiana non ci permettono di aspettare la piena utilizzazione di quello che già c’è, semplicemente perché la sanità va avanti da sola e molte regioni restano e resteranno al palo per tanti anni.

Dobbiamo rassegnarci ad avere due Italie in termini di equità e non fare nulla? La marcata disomogeneità in termini di salute generale fra nord e sud ne è la prova cristallina. Cosa dobbiamo aspettare? Chi dobbiamo aspettare?

La disomogeneità dei livelli di salute degli italiani è cosi gravemente incostituzionale che non possiamo aspettare la lentezza della burocrazia. Il Ministero dovrebbe, al contrario, spingere sull’acceleratore invece di sollevare gli scudi a difesa di quel poco che finora ha fatto in termini epidemiologici. Nei paesi del Nord Europa i sistemi informativi nazionali hanno una storia ultratrentennale e in Italia stiamo ancora facendo battaglie di retroguardia.

Se il Ministero vuole fare qualcosa di moderno a costo zero un consiglio l’avrei: metta in agenda l’aggiornamento del sistema diagnostico di riferimento per tutti i sistemi informativi della sanità. Se non se ne fosse accorto, l’ICD-9 è sorpassato in tutti i campi della medicina, anche in salute mentale e magari modifichi anche i “gruppi diagnostici” della tabella 3.1.1 a pagina 25, che così raggruppati non servono a nulla.

Cari saluti,
Vittorio Di Michele