L’emergenza sanitaria da Covid-19 e le gravi conseguenze economiche e sociali che ha provocato hanno spinto i Governi dell’Unione Europea a riconsiderare le politiche di austerity, perseguite in questi anni con esiti catastrofici, e a mettere finalmente a disposizione ingenti risorse per il rilancio dei Paesi colpiti dall’epidemia. Si tratta di una fondamentale occasione per ripensare e rilanciare il nostro welfare sociosanitario.

Le risorse, ad oggi, sono quelle provenienti dal Recovery Fund (progetto Next Generation UE, per l’Italia: 209 miliardi di cui 90 come sovvenzioni), mentre restano da decidere quelle riferite al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). Tuttavia non è scontato che queste risorse saranno spese bene e sarebbe imperdonabile fare errori o sprecarle. Pertanto occorre inserire le risorse in Progetti con obiettivi chiari e verificabili, destinandole in modo significativo al welfare sociosanitario.

Per questo deve esserci una discussione trasparente e partecipata. Soprattutto, deve essere ascoltata la voce delle molte organizzazioni che in questi anni si sono impegnate per affermare il diritto universale alla salute e alle cure, e che oggi intendono segnalare alcune priorità per spendere bene le risorse pubbliche per il rilancio dell’Italia.

La drammatica lezione della emergenza pandemica ci ha confermato che è indispensabile rendere più forte il Servizio Sanitario Nazionale, pubblico e universale, superando le forti disuguaglianze territoriali e tra la popolazione, e che priorità assoluta è il potenziamento dell’assistenza integrata sociosanitaria territoriale, avendo ben presente che la sua risorsa principale, come si è visto, è il personale. È evidente che il modello che separa sanità da sociale, fondato prevalentemente sul “ricovero”, sia in ospedale che in altre strutture residenziali come le RSA, ha dimostrato enormi limiti. È invece diritto di ogni persona vivere e curarsi nella propria comunità, con il sostegno dei servizi domiciliari e territoriali. Ciò è più efficace e sicuro, a maggior ragione quando la persona è più vulnerabile: anziana e non autosufficiente, con malattie croniche, con problemi di salute mentale, di dipendenze, detenuta, migrante, ecc.). È necessario si affermi in maniera compiuta un modello di “salute di comunità” indispensabile per la stessa continuità assistenziale tra ospedale e welfare territoriale e per l’integrazione tra sanità e sociale.

Occorre perciò investire per una forte infrastrutturazione dei servizi territoriali, una loro solida modellistica, ragionevolmente omogenea su tutto il territorio nazionale, una ben più robusta attenzione ai determinanti sociali della salute.

Vogliamo discutere di tutto questo in una grande iniziativa pubblica nazionale convocata con un più approfondito Appello, promossa da una vasta coalizione di organizzazioni sociali e sindacali, nella quale intervengano i Ministri della Salute e delle Politiche Sociali, la Conferenza delle Regioni e l’Anci.

Sul sito SOS SANITÀ i documenti inviati ai Ministri della Salute e delle Politiche Sociali, alla Conferenza delle Regioni, all’Anci e l’elenco aggiornato delle organizzazioni promotrici.